Capita più spesso di quanto si pensi.
Un ragazzo che al mattino non vuole alzarsi, che dice di avere mal di pancia, che piange o si chiude in camera. Un genitore che prova a convincerlo, poi si arrabbia, poi si sente impotente.
E in mezzo, un disagio che cresce — spesso silenziosamente.
Molti genitori, quando il proprio figlio inizia a rifiutare la scuola, si chiedono:
“È solo un capriccio? Sta cercando attenzioni?”
In realtà, dietro questa difficoltà si nascondono spesso emozioni intense e paure difficili da nominare.
Non è sempre pigrizia
È importante distinguere tra un episodio isolato (“oggi non voglio andare”) e una difficoltà che dura da più tempo.
Nel primo caso può trattarsi di stanchezza, problemi fisici o di una giornata più difficile.
Nel secondo, invece, può esserci qualcosa di più profondo:
- ansia da prestazione, paura di non essere all’altezza;
- timore del giudizio dei compagni o paura di essere esclusi;
- difficoltà relazionali con insegnanti o pari;
- episodi di bullismo o di umiliazione vissuti in classe;
- sintomi ansiosi o depressivi che si manifestano attraverso il corpo.
L’adolescente spesso non riesce a spiegare ciò che prova.
Dice solo “non ce la faccio”, e chi lo ascolta può pensare che stia esagerando.
Ma per lui, quella paura è reale e invalidante.
La paura del mattino
Molti genitori raccontano che tutto sembra andare bene la sera prima: il ragazzo è tranquillo, magari ride, guarda la TV.
Poi, al mattino, arrivano i sintomi: nausea, tachicardia, pianto.
È un meccanismo frequente nei casi di ansia anticipatoria: la sola idea di affrontare la scuola attiva la paura, come se il corpo dicesse “fermati, è troppo”.
In questi casi, forzare o minacciare può peggiorare la situazione, perché aumenta il senso di fallimento e la tensione interna.
La chiave è capire, non spingere.
Cosa può fare un genitore
- Ascoltare senza giudicare. Evita frasi come “devi solo impegnarti” o “non è niente”. Meglio: “vedo che per te è difficile, proviamo a capire insieme cosa ti spaventa”.
- Mantenere una routine stabile. Anche se non va a scuola, aiuta che il ragazzo non si isoli completamente o resti tutto il giorno a letto.
- Coinvolgere la scuola. Parlarne con i docenti può evitare incomprensioni e creare una rete di supporto.
- Chiedere aiuto a uno psicologo. Quando la difficoltà persiste o si accompagna a sintomi fisici e ansia intensa, una consulenza psicologica può aiutare a comprendere l’origine del disagio e a costruire un percorso di rientro graduale.
Un passo alla volta
Superare il rifiuto scolastico non significa “tornare a scuola domani”, ma ricostruire un senso di sicurezza.
Ogni passo — anche piccolo — è un segnale di fiducia che si riaccende.
L’obiettivo non è spingere l’adolescente a “funzionare”, ma aiutarlo a stare meglio dentro di sé, per poter affrontare ciò che lo spaventa con maggiore forza.
A Bussolengo, a Zevio come in molte altre città, sempre più adolescenti vivono questa difficoltà silenziosa. Riconoscerla per tempo e affrontarla con delicatezza può fare la differenza: per il ragazzo, per la famiglia.
E per la possibilità di ritrovare — insieme — la serenità di ogni mattina.




